sabato 28 aprile 2012

Ex Oblivione (1920-1921)


“Arrivato a i miei ultimi giorni, e spinto verso la follia dalle atroci banalità dell’esistenza, cercai la salvezza nel meraviglioso rifugio del sonno”.

Sognai antichi giardini e boschi incantati. Un’altra volta salpai senza meta sotto costellazioni ignote. Un’altra volta m’imbarcai su una chiatta lungo un torrente senza sole, un fiume sotterraneo che sfociava in un altro mondo. Crepuscoli purpurei, pergolati multicolore, rose immobili e valli dorate.
Giunsi ad un muro possente coperto di rampicanti dove si apriva un piccolo cancello di bronzo.

Ho vagato tanto per luoghi magici ma la meta delle mie fantasie era sempre la stessa, oltrepassare il cancello.

Una notte, nella città di sogno di Zakarion, trovai un vecchio papiro scritto dai saggi onirici. Tra le tante cose si parlava della valle dorata e del cancello di bronzo e due erano le ipotesi su cosa vi fosse oltre (Prodigi meravigliosi o cose orribili e inganni).

Venni a sapere di una droga capace di farmi superare il cancello. La presi, ed infatti trovai il cancello socchiuso.
Mentre lo aprivo una pioggia di luce rischiarava grandi alberi e la sommità di templi sepolti.
Ma non appena il cancello fu aperto tutto divenne il vuoto luminoso dello spazio disabbitato e illimitato. Più felice di quanto avrei mai creduto mi sono dissolto nuovamente nell’oblio infinito, da cui il demone della vita mi aveva chiamato per una breve e sconsolata ora (il tempo della vita).


Nota - Uno dei numerosi “prose poems” e racconti dunsaniani

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