giovedì 30 giugno 2011

L'orrore di Dunwich (1928)

Racconta la storia di Wilbur Whateley, nativo di Dunwich (paese decaduto, depravazioni, incesti, assassini, violenze, tolti i cartelli stradali), figlio di Lavinia Watheley (descritta come storta e con caratteristiche albine) e di un padre sconosciuto, e degli eventi che si verificano a Dunwich dopo la nascita. La prima parte descrive il paese (ponte coperto, Devil's Hop Yard - campo del volo del Diavolo) e la storia degli abitanti. Il giorno della nascita di Wilbur si ode un grande rumore e luci nella vicina montagna (Sentinell Hill) (cerchi di pietra sulle cime ed una roccia come altare). Nessuno assiste alla nascita, solo suo nonno, che poi lo crescerà insieme a sua madre. Il bambino crescerà rapidamente, raggiungendo la maturità a dieci anni presentandosi ormai come un uomo adulto (2 metri e mezzo, con volto coperto di peli), e comincerà ad aiutare suo nonno ad ampliare costantemente il fienile della fattoria, per contenere una creatura di cui non si conosce né la forma né il nome. 

Da questo momento cominceranno strani fatti, il nonno acquisterà nel corso della trama numerosi capi di bestiame ma il suo numero all'interno della fattoria sarà sempre basso, strane luci e suoni della montagna. Alcuni anni dopo, suo nonno morirà di vecchiaia () mentre la madre morirà misteriosamente (si pensa ad un matricidio). A questo punto si rende conto che la versione del Necronomicon ereditata da suo nonno è priva di alcune parti di cui ha bisogno per completare una cerimonia blasfema e dimenticata (pagina 751). Pertanto decide di andare a cercare la versione completa, che è alla Miskatonic University di Arkham. Qui è assistito dal Dr. Henry Armitage, che gli permette di leggere il libro. Quando il dottor Armitage legge un piccolo frammento della lettura, rimane inorridito da ciò che vorrebbe evocare Wilbur, e non permette al visitatore di prendere il libro o copiare il frammento di cui aveva bisogno. Poiché non aveva avuto la parte di cui aveva bisogno, Wilbur decide di cercare di rubare il libro. Ma la notte del raid viene ucciso da un cane da guardia, che lo ha attaccato in un modo insolitamente feroce. Quando il Dr. Armitage e i suoi colleghi vanno a vedere il cadavere, trovano uno strano corpo con molti tentacoli dove nella parte inferiore si trovavano degli zoccoli coperti da una pelliccia gialla, che nella parte superiore del corpo si trasformavano in scaglie. Armitage prima cade in uno stato simile alla catatonia, e poi comincia a studiare lo strano libro. 

"N'gai, n'gha'ghaa, bugg-shoggog, y'hah; Yog-Sothoth, Yog-Sothoth..."

Nel frattempo, comincia "l'orrore di Dunwich". Ora che Wilbur è morto, nessuno si prende cura della cosa che abita il fienile. Infine, una mattina il fienile di Watheley esplode e "la cosa" comincia a devastantare tutto, non lasciando nulla nella sua scia biancastra (come catrame), tranne delle tracce dalle dimensioni di un albero (esso è invisibile ad occhio umano). La città è terrorizzata per diversi giorni, fino a quando il Dr. Armitage, il professor Rice e il dottor Morgan vengono in città, dopo aver scoperto il modo per fermare il mostro. 

Dopo aver spruzzato sul mostro una non nota sostanza (polvere) chimica riescono a renderlo visibile per pochi attimi, viene descritto come una creatura ciclopica informe con numerosi tentacoli con una testa gigantesca simile a quella umana con i connotati della famiglia Whateley. Alla fine, il mostro si rivela come il gemello di Wilbur, figlio di Yog-Sothoth e con il rituale mistico i tre dottori riescono ad eliminare la creatura.

tratto da Wikipedia

note caprimulgo, uccello psicopompo
testi di crittografia citati:

Polygraphia di Tritemio
De Furtivis Literarum Notis di Giambattista Porta
Traité de Chiffres di De Vigénère
Cryptomenysis Patefacta di Falconer
Kryptograohik di Klüber
Trattati di Davys e Thicknesse (XVIII secolo), Blair, von Marten


venerdì 24 giugno 2011

L'antica gente dei monti (1927)

(da una lettera a Donald Wandrei, 2 novembre 1927)


Narra di uno sogno di ambientazione romana fatto dall’autore.
Egli (che nel sogno era il questore L. Celio Rufo) si trovava a Pompelo (Pamplona), nella Spagna Ceteriore ed era il giorno che precedeva le Calende di novembre.
Era stato mandato in quella regione insieme ad un’ambasciata per indagare su certi rituali che avvenivano in quel periodo sui monti durante i quali scomparivano degli uomini. Interrogati alcuni vascones anche se riluttanti parlavano di primitivi rituali e di antiche divinità.
I romani decisero di intervenire per far cessare quelle barbarie che infangavano l’autorità dell’Impero.
La notte una squadra formata dagli ambasciatori, centurioni e soldati, intraprese il cammino su per i monti dai quali proveniva un incessante suono di tamburi.
Mentre si avvicinavano al presunto altare dove si stava tenendo il rituale, all’improvviso il vento cominciò a soffiare forte (battito di ali gigantesche). Mentre un bagliore proveniente dalla valle dove avevano lasciato i cavalli spazzò via gli animali e i loro guardiani. Furono avvolti dalle tenebre e sul destino della coorte non si seppe più nulla.

Malitia vetus, malitia vetus est … venit … tandem venit …

Tuo per la supremazia gotica
G. Iulius Verus Maximinus

mercoledì 22 giugno 2011

L’ultimo esperimento (1927) con Adolphe De Castro


Il racconto narra del dottor Alfred Clarendon noto biologo ed epidemiologo che grazie all’aiuto del suo amico d’infanzia, il governatore Dalton, fu nominato direttore del servizio sanitario del penitenziario di San Quentin (California). Con grande dedizione Clarendon intraprese il suo lavoro trasferendosi nella nuova città con la sorella Georgina, dopo aver trascorso anni i giro per il mondo (Cina, Tibet, India, Africa) ed aver ottenuto parecchi risultati che ne avevano confermato la sua reputazione. Col passare del tempo alcuni dei pazienti (detenuti) dell’istituto cominciarono a manifestare evidenti sintomi di un male sconosciuto che presto li portava inesorabilmente alla morte. Il dottor si dedicò anima e corpo allo studio di questo male mostrando però un distacco professionale che attirò prima i risentimenti e poi i sospetti da parte di colleghi ed infine dell’opinione pubblica. Indifferente alle voci malevole Clarendon continuava il suo lavoro anche a casa dove aveva allestito un laboratorio in un capanno dietro la sua abitazione. I casi di febbre nera si moltiplicarono e la città fu presa dal panico finendo per spopolarsi. Di tutto ciò il dottore non si curava ma il sospetto che egli stesse tramando qualcosa di turpe continuò ad essere oggetto della stampa. Questa non risparmiò alcuna critica e quando non poteva attingere a prove tangibili non esitò ad inventare storie ed illazioni sul conto del dottore e del suo entourage. Infatti egli si circondava di assistenti alquanto bizzarri. 8 tibetani in tunica nera come servitori domestici e l’inquietante Surama, proveniente da una ignota zona dell’Africa che il dottore aveva visitato anni prima (un uomo molto più vecchio di quanto si sarebbe potuto comunemente pensare). Quest’individuo dall’aspetto sinistro e dalla risata diabolica diventò l’ombra di Clarendon. Intanto tra il governatore Dalton e Georgina si riaccese una vecchia fiamma giovanile.
Clarendon ormai del tutto alienato e succube del servitore Surama, si rifiutò di approvare tale relazione.

Anche dopo essere stato destituito dal suo incarico di direttore egli continuò i suoi esperimenti utilizzando numerose cavie (animali e anche uomini tra cui i suoi stessi servitori) somministrando loro dei preparati tramite una siringa d’oro. Padrone e servitore s’erano ormai scambiati i rispettivi ruoli e capitava spesso che egli formulasse strane litanie (invocò terrificanti maledizioni dalle stelle e dagli abissi di là delle stelle).
Tutto ciò insospettì la sorella e minò la sua salute fisica e mentale, ma comunque rimase accanto al fratello.
In alcune discussioni di questi con il servitore poté carpire alcune frasi che trattavano strani rituali, leggende provenienti dal Tibet e dalla Cina su Yog-Sothoth, di dei-diavoli e del mondo degli Antichi. Del mito di Atlantide, dell Azif di Alhazared (volume dalla rilegatura in ottone scritto in un misterioso alfabeto, greco antico), Irem dalle mille colonne, i templi sotterranei di Nug e Yeb (Iä! Shub-Niggurath!).

Accecato da un qualche incantesimo una sera tentò d’infettare la sorella con la scusa di somministrarle della morfina ma il provvidenziale intervanto di Dalton scongiurò questo proposito. In un attimo di lucidità confessò al vecchio amico che aveva risvegliato Surama (che non apparteneva a questa terra) e questi lo aveva costretto ad infettare con la febbre nera parecchie vittime ma adesso doveva essere fermato. Dopodiché s’inoculò lui stesso una dose di quel male. Durante la notte Clarendon si recò nel suo laboratorio e lo diede alle fiamme morendo in esso. Il giorno dopo furono ritrovati i corpi carbonizzato del dottore e di un essere dalla testa umana ma dal corpo inusuale. 

Georgina e Dalton si sposarono e questi nutrì per sempre un autentico odio per l’occultismo, i viaggi, le siringhe, e alfabeti sconosciuti.

domenica 19 giugno 2011

La maledizione di Yig (1928) con Zealia Brown Bishop

1925 Uno studioso si reca presso l’ospedale psichiatrico di Guthrie in Oklahoma per studiare alcune tradizioni riguardanti i serpenti e le leggende su Yig, dio-serpente collegate a miti messicani di Quetzalcoatl. Qui il direttore il dottor McNeill dopo avergli mostrato un paziente (cella B 116) il cui aspetto e comportamento hanno dell’assurdo (striscia, sibila e il suo corpo è squamoso e ricoperto di macchie) comincia a raccontargli una storia.

Nel 1889 Walker Davis e sua moglie Audrey lasciarono l’Arkansas per stabilirsi nella regione del Wichita. I due coloni intrapresero un viaggio un lungo viaggio per ottenere un pezzo di terra. Walker aveva da sempre un’innata fobia per i serpenti che gli provocava crisi e svenimenti. Durante il viaggio egli apprese del mito di Yig ed imparò alcune litanie e rituali per non far adirare la divinità che a dire dei pellirossa era molto vendicativo verso chi uccideva i suoi figli, tramutando in uomini serpente coloro che lo facevano adirare.
Una notte la moglie trovato un nido di serpenti, per evitare un malore del marito, lo distrusse. Da allora egli temendo per la loro incolumità cominciò ad adempiere i rituali e ripetere quelle litanie fino a diventare un ossessione.

Si stabilirono nella nuova regione e costruirono una casa. Tutto andava bene salvo che per le manie del marito e dei rituali che i nativi compivano il cui suono di tamburi riecheggiava in quelle terre mirando alla salute mentale di lei.

Una notte, dopo aver festeggiato con i vicini di casa, i due furono svegliati da alcuni rumori e dal loro cane. Walker accendendo la luce si accorse che la loro casa era invasa di serventi di ogni specie. Egli svenne lasciando che la luce si spegnesse e la moglie disperata rimase nel suo letto paralizzata nella totale oscurità.
Dopo diverse ore d’angoscia, ormai convinta che il marito fosse morto, si accorse di una figura che si avvicinava, così istintivamente prese un accetta e colpì quella figura.

L’indomani una vicina aprendo la porta si trovò davanti uno spettacolo raccapricciante.
Il cane morto per i morsi dei serpenti era gonfio e lacerato. Trovò Walker fatto a pezzi da un’accetta ma non presentava nessun segno di morsi ed infine vide Audrey strisciare sul pavimento sibilando.
Col tempo perse tutti i capelli e il suo corpo si ricoprì di macchie.

Finita la storia del dottore lo studioso chiese se quel paziente visto prima fosse la donna, ma in realtà si trattava di uno dei suoi figli nato sei mesi dopo, l’unico sopravvissuto.

Storia del Necronomicon (1927)


Lettera a Clark Ashton.

Descrive le origini di questo misterioso libro.
Scritto dall’arabo pazzo Abdul Alhazred di Sanaa nell Yemen intorno al 700 d.C.
Titolo originale Al Azif, parola araba usata per indicare il rumore notturno prodotto da certi insetti.
Traduzione in greco per opera di Teodoro Fileta di Costantinopoli che gli attribuì il titolo di Necronomicon.
Nel 1228 Olaus Wormius ne fece una traduzione in latino.
Diverse copie sparse per il mondo.
Alcune nella biblioteca della Miskatonic University di Arkham.

Per maggiori informazioni wikipedia

Il Boia elettrico (1929?) con Adolphe De Castro

Un investigatore di una compagnia petrolifera di San Francisco viene mandato in Messico per indagare sulla scomparsa di Arthur Feldon, un dirigente di una delle miniere della società.
La storia è raccontata dall’investigatore in prima persona.

Il lungo viaggio in treno subisce notevoli ritardi. Nell’ultima tratta prima di arrivare a Città del Messico l’investigatore s’imbatte in un misterioso individuo. Sono soli nella cuccetta del treno e questi dopo averlo disarmato gli preannuncia che presto sarà immolato per una nobile causa. Egli afferma di aver inventato uno strumento di gran lunga superiore alla rudimentale sedia elettrica. Questa è costituita da una sorta di gabbia metallica che va applicata alla testa del condannato e da essa partono dei fili che giungono fino ad una batteria contenuta in una valigetta.

L’investigatore non può fuggire, per cui tenta in vari modi di ritardare la sua esecuzione distraendo l’uomo. Prima di tutto si fa spiegare bene il funzionamento del macchinario e prende nota di tutto adducendo che tali appunti gli potranno tornar uliti per far valere la propria invenzione. Inoltre lo convince ad indossare il macchinario per mostrargli come va predisposto. Poi ottiene altro tempo per scrivere una sorta di lettera-testamento. Il treno è quasi giunto a destinazione ma l’uomo non sembra rinunciare al suo proposito continuando a farneticare misteriose litanie.
“Micltanteuctli, o grande signore, dammi un segno! Un segno dal profondo della tua grotta oscura! Iä! Tonatiuh-Metzli! Cthulhutl! Comanda e io obbedirò!”

L’investigatore disperato ricorre ai suoi ricordi di miti aztechi e tradizioni tribali sentite qua e la.
“Ya-R’lyeh! Ya-R’lyeh!”, “Cthulhutl fhtaghn! Niguratl-Yig! Yog-Sototl…”

 L’uomo rimane stupito di ciò e preso da un attacco di isteria mistica fa cadere la valigetta attivando il meccanismo morendo fulminato. L’investigatore sviene.

Una volta ripresosi si accorgerà che l’uomo o il suo cadavere sono spariti.
In seguito,  si scoprirà che l’uomo era proprio Feldon il quale per mesi stava lavorando ad una invenzione segreta per poi sparire. Viene ritrovato morto in una caverna in cui si celebravano antichi rituali al suono di tamburi. Il suo cadavere porta tracce di ustioni alla testa i l’investigatore trova nelle sue tasche le carte che aveva scritto quella notte in treno.

Si domanda quale potesse essere la spiegazione. Proiezione astrale di lui nella caverna o viceversa di Feldon sul treno.

Torna a casa e si sposa. L’argomento “sedia elettrica ” lo terrorizzò per sempre.

Ibid (1928)

Racconta delle vicissitudini del teschio di Caio Anicio Magno Furio Camillo Emiliano Cornelio Valerio Pompeo Giulio Ibido, critico e biografo nato nel 486 e autore delle Vite dei Poeti.
Dopo la sua morte il suo teschio-reliquia-calice passò in mani diverse fino a giungere nella Nuova Inghilterra (prima Salem, Providence poi Milwaukee sulle sponde del lago Michigan).
Infine per caso finì in una tana di un cane della prateria e li rimase mentre la città si sviluppò sopra di esso.
Fin quando una notte un forte terremoto sventrò il suolo trasformando l’ex-prateria in un altopiano. All’alba in mezzo alla strada riapparve il cranio di Ibid.

Benvenuti


Da poco ho cominciato a leggere le opere di Howard Phillips Lovecraft, i racconti in particolare.

In questo blog intendo prendere nota delle mie impressioni. Riassumere le trame ed evidenziare tutti gli elementi che reputerò interessanti.

Tale ricerca mi sarà utile in prospettiva di un futuro lavoro che io ed altri miei colleghi intendiamo realizzare.

Chiunque s’imbatta in queste pagine può ovviamente commentare e dare suggerimenti, ciò sarà ben gradito.