sabato 2 giugno 2012

L’orrore di Martin’s Beach (con Sonia Greene 1922)


Il racconto, narrato da un testimone, narra degli inquietanti avvenimenti avvenuti nel 1922 e sfociati nell’orrore l’8 agosto. Dopo anni tante sono le versioni con le più disparate ipotesi senza contare il tentativo da parte del prestigioso Hotel Wavecrest di mettere tutto a tacere dopo l’articolo del professor Alton intitolato “Solo gli esseri umani possono ipnotizzare?”.

Il 17 maggio l’equipaggio del peschereccio Alma di Gloucester, comandato dal capitano James P. Orne, dopo una battaglia di quasi 4 ore riusciva ad avere la meglio su una creatura marina sconosciuta. Portata a terra alcuni naturalisti di boston provvidero ad imbalsamarla. Lunga circa quindici metri e larga 3, aveva una forma cilindrica. Era un animale branchiato ma differente dai pesci per via di rudimentali zampe anteriori e piedi a sei dita, la bocca straordinaria, la pelle squamosa e un unico occhio profondamente incassato. I naturalisti affermavano inoltre che si trattava di un esemplare giovanissimo, nato da non più di qualche giorno.

Il comandante Orne allestì un piccolo museo marino su di un vascello e attraccato al molo dell’Hotel Wavecrest, nella ricca zona di Martin’s Beach, guadagnò parecchio denaro vendendo biglietti.

La mattina del 20 luglio, però, durante il temporale della notte precedente, l’imbarcazione si disancorò prendendo il largo. Dopo numerosi tentativi di recupero il capitano Orne dovette rassegnarsi alla perdita del suo museo galleggiante, della creatura imbalsamata e persino all’uomo di guardia che si trovava a bordo quella notte.

L’orrore si verificò l’8 agosto.
Era una serata tranquilla, gruppi di gente e turisti erano sparsi in spiaggia, altri provenivano dalla collina a nord, altri ancora cenavano nel patio dell’hotel. La luna quasi piena si innalzava “più di trenta centimetri” sull’orizzonte quando qualcuno credette di scorgere una decisa e minacciosa increspatura del mare avanzar verso la spiaggia per poi sparire. Ad un tratto al largo, nella foschia argentata, si alzò un urlo di morte. I due bagnini si recarono a prestare soccorso giungendo nella zona della spiaggia, dove si era già radunata una folla di curiosi. Lanciarono quindi in acqua un salvagente legato ad una corda in direzione del punto da cui era provenuto l’urlo. 

Cominciando a tirare la cima ma con sorpresa notarono che non riuscivano a smuovere l’oggetto all’atro capo: anzi scoprirono che esso li tirava con forza uguale. Chiesero allora aiuto ai più forti dei presenti. Tra di essi c’era pure il capitano Orne, il quale non poté non ipotizzare che dall’atro capo della corda ci fosse una creatura come quella che aveva catturato, per cui mettendosi a capo dell’operazione di recupero ordinò ai suoi uomini di procurarsi un’imbarcazione per arpionare e trasportare a riva la creatura mentre egli e altri uomini avrebbero tirato finché non fosse giunta l’imbarcazione.

Più di dodici uomini tiravano senza nessun risultato, al contrario questi lentamente avanzavano verso l’acqua che cominciò a lambire i loro piedi, poi le ginocchia e così via.
Orne si voltò per farsi dare il cambio quando scoprì con sgomento di non riuscire a lasciare al presa. Lo stesso accadde agli altri tiratori. Nel silenzio più assoluto, molti spettatori assistettero al lento avanzare di quegli uomini.

Spingendo lo sguardo oltre le teste l’immaginazione evocò un altro occhio, luminoso e animato da un proposito rivoltante. 

La luna fu nascosta da nuvole che accumulandosi formarono una massa minacciosa. Un tuono rombò, il boato di un lampo e subito un violento acquazzone. Molti andarono via.
Nella semioscurità gli spettatori rimasti videro le vittime che affondavano sempre più rapidamente per poi svanire in un mulinello d’acqua. 

La pioggia cessò e la luna illuminò il mare con i suoi pallidi raggi e fu allora che da profondità abbissali arrivò l’eco attutita e sinistra di una risata. 



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